Leggevo questo post dello psicanalista Giuliano Castigliego , quando mi sono imbattuta in una considerazione che mi ha fatto sobbalzare sulla sedia, risvegliando alcuni dei miei dubbi: “Ancor più triste che il sempre più inflazionato storytelling, ormai inevitabile corollario di ogni prestigioso concorso a premi, rischi di banalizzare questo concetto, risolvendosi in un’auto-narrazione quanto mai sterile, oltre che (spesso) stilisticamente discutibile”
Stilisticamente discutibile.
La Medicina narrativa non è narrazione letteraria. Non siamo tutti Tolstoj e i racconti di malattia non sono necessariamente opere di valore letterario. Il ché è un bene perché anche se non tutti scriveremo capolavori come “La morte di Ivan Il’ic”, abbiamo importanti esperienze che vale la pena siano narrate, rimane il valore di testimonianza, della dignità di ciascuna storia.
Tutte le storie sono degne di essere raccontate e ascoltate, non tutte di essere pubblicate. Se poi sapremo o altri per noi sapranno trasfigurarle in un opere d’arte, estapolarne il significato profondo e il valore universale ed esprimerlo, tanto meglio.
A volte temo che la MN possa costituire un facile travestimento di una certa ipocrisia. Empatia non significa sentimentalismo. Compassione non significa pietà. Ascoltare senza giudicare non significa approvare.
Un’auto-narrazione sterile
Forse dovremmo domandarci che cos’è la narrazione. Perché raccontiamo storie? Qual è il senso del linguaggio? Qui si apre uno scenario in cui filosofia, antropologia, semiotica e mille altre discipline dibattono da secoli. Cercherò di approfondirle in altri futuri post.
Annoto qui senza nessuna pretesa soltanto le mie riflessioni, i miei dubbi sul tema.
Quando una narrazione è sterile? Mi rispondo: quando è una voce inautentica che risponde a bisogni narcisistici.
Che cos’è un testo se non una tessitura, l’annodarsi di una relazione tra due persone che mettono in comune – in comunicazione – il loro vissuto. Nel caso della Medicina Narrativa, si tratta del testo che si costruisce tra medico e paziente, sul tema della malattia e della cura, come spiega Castigliego nel testo citato.
Ma esiste una narrazione reale e feconda senza un dialogo? Spesso ho parlato dell’utilità della narrazione come costruzione di senso: questa costruzione di senso può avvenire in un processo di auto-narrazione? L’autobiografia è sicuramente uno degli strumenti utili, sia per il medico sia per il paziente, a dare una forma, una struttura al materiale caotico e magmatico che è l’esperienza vissuta.
Mi domando: l’autobiografia è una forma di dialogo? Il punto critico potrebbe essere la sincerità? Essere nudi a noi stessi e quindi anche all’altro. L’autonarrazione compiaciuta in cui fingo me stesso per ricevere l’approvazione (o la disapprovazione o la compassione) è sempre una costruzione di senso, per quanto inautentica. Ma costringe l’altro – il lettore – in un ruolo, lo priva della sua libertà di persona, lo manipola, non permette una restituzione. Non ci mette in discussione. Nel dialogo, nella comunicazione dobbiamo sempre essere aperti alla possibilità di essere cambiati da quell’incontro: in questo modo la narrazione può essere feconda.
In conclusione
L’abuso del concetto di storytelling e il travisamento del suo significato profondo mi sembrano tra i peggiori rischi in cui può incorrere la Medicina Narrative Based. Ci sono tante implicazioni – filosofiche, psicologiche e sociologiche – che, se non approfondite ed esplicitate, pongono la medicina narrativa sull’orlo di un precipizio di banalizzazione.
Mentre io vado a studiare, per capirci di più, vi lascio con questi miei dubbi: voi cosa ne pensate?
Articolo molto interessante che mette in luce un punto essenziale, ovvero l’autenticità.
Penso lo storytelling nel contesto della Medicina Narrativa non voglia né debba necessariamente portare a contenuti “belli” o stilisticamente validi, l’importante è che arrivi al risultato, il benessere.
La novità qui è il raggiungimento del benessere attraverso la consapevolezza, un percorso di scopertà di sé e del perché della malattia attraverso il dialogo e il confronto con una guida, il medico. Certo un medico molto diverso da quello che abbiamo incontrato spesso finora.