Piccola trasferta romana nei giorni scorsi per seguire il Forum della Sanità Digitale alla LUISS.
Di cosa si è parlato? Più sotto trovate l’esauriente storify realizzato da Micaela Tedeschi, che sintetizza bene cosa è successo durante le 3 giornate romane, tra talk show, tavoli di lavoro, presentazione di nuove app e start up.
La salute digitale fa bene alla salute dei cittadini?
E che cos’è questa salute digitale di cui tanto si parla?
In base a quello che ho sentito durante questi giorni, distinguerei due aspetti del fenomeno: la digitalizzazione come informatizzazione e introduzione di nuove tecnologie e la ‘rivoluzione digitale’ intesa come cambiamento culturale che le nuove tecnologie stanno generando.
Le nuove tecnologie
Da una parte, quindi, più che di digital si parla di informatizzazione dei sistemi e delle procedure, fascicolo sanitario elettronico e via dicendo. La situazione è la solita dell’Italia a macchia di leopardo, con esempi di eccellenza e mancanza di sistematicità. La criticità da risolvere su questo è ancora quella dell’ interoperabilità tra banche dati. Fare rete.
Questo aspetto di “informatizzazione” e di introduzione di nuove (?!) tecnologie nella gestione della sanità pubblica è quello che di più è considerato come opportunità per ottimizzare le risorse e migliorare la qualità del servizio. E inserisco in questo capitolo anche la telemedicina.
Fa bene alla salute dei cittadini? Un servizio sanitario più efficiente e sostenibile è sicuramente un vantaggio per la salute in generale. La tecnologia è vissuta con grande entusiasmo dagli appassionati di tecnologie, con sospetto dai tecno-scettici. La verità sta sempre nel mezzo:
- forse non tutta la tecnologia possibile è necessaria;
- la tecnologia se non è utilizzata in maniera realmente efficiente non serve a niente (lo so che è tautologico, ma a volte è meglio ribadire);
- bisogna anche insegnare/imparare a usarle, queste nuove tecnologie.
Però su alcuni aspetti siamo davvero indietro. E allora io sposo uno degli slogan del forum “Vale copiare!” Guardiamo alle realtà che già funzionano bene e prendiamole come modello.
Salute 2.0
Parliamo invece di come le nuove tecnologie impattano sui soggetti coinvolti nel processo di informatizzazione, parliamo anche di web 2.0, di social network, di app e wearable. Parliamo della rivoluzione digitale che sta cambiano la società e il modo di vivere la salute. La ‘rivoluzione digitale’ fa bene alla salute?
Informazione e interpretazione
La prima criticità che è emersa durante il Forum (come in altri analoghi luoghi di dibattit0), è la preoccupazione che si diffondano informazioni scorrette, inadeguate o fuorvianti, che inevitabilmente non fanno bene alla salute.
Aumenta l’accesso alle informazioni (sanitarie) e i tradizionali detentori del sapere (medico) cercano di correre ai ripari. Mentre markettari e giornalisti senza scrupoli né etica contribuiscono all’entropia informazionale per i loro biechi scopi commerciali. No, non credo che la paura sia il giusto framework in cui inquadrare il cambiamento.
Non si tratta di creare “contenuti certificati” dal ministero o da altri soggetti autorevoli, rientrando in una logica top-down che non funziona più. Non si tratta di creare schieramenti opposti, scienziati contro complottisti, medici contro pazienti. Il problema non è la più ampia reperibilità di informazioni false.
La priorità a mio avviso è quella di sviluppare capacità critiche ed ermeneutiche ovvero quelle competenze che ci permettono di inquadrare i punti di vista come punti di vista e non verità assolute e che, pertanto, ci abilitano al dialogo e alla conversazione.
Competenze che servono a tutti i soggetti coinvolti nella salute, perché anche medici e operatori sanitari sono travolti dall’abbondanza di informazioni, sotto forma di ricerche e pubblicazioni.
E qui si entra nel campo dell’educazione ma anche in una diversa concezione del sapere e della conoscenza.
Segue poi un altro capitolo che intitolerei: accettare la sfida della conversazione anche sulla salute
Conversazione per non essere soli
Uno degli aspetti di cui, a mio avviso, poco si è parlato durante questo forum è di come il paziente 2.0 è in grado di sfruttare il web e il digital per creare relazioni con gli altri pazienti, per costruire solidarietà e per fare advocacy.
La sofferenza, la malattia è sempre un’esperienza individuale, un’esperienza di solitudine. Se il medico, troppo spesso, non si è preso in carico anche la solitudine del malato, nei forum, nei social network e nei blog spesso sono i malati stessi a cercare una cura alla loro solitudine.
Per quella che è la mia esperienza di ascolto del web, il bisogno che emerge più forte non è reperire informazioni sulla salute, ma il bisogno di condivisione. Nella mia ricerca sulla PMA ho sentito spesso il termine “sorelle” tra le donne con problemi di infertilità.
Internet ha dato voce a queste richieste d’aiuto, ma anche a vere e proprie narrazioni, a testimonianze: ascoltare queste testimonianze ci obbliga ad una nuova assunzione di responsabilità reciproca.
Ho sentito ribadire più volte che il diritto alla salute dovrebbe implicare anche un dovere: secondo me il dovere potrebbe risolversi nell’ascolto delle testimonianze dei malati. Ci starebbe dentro anche tutto il resto, dalla cultura della prevenzione al taglio degli sprechi.
La salute digitale che fa bene alla salute è anche questa.
E una sanità che ascoltasse queste voci potrebbe essere una sanità migliore.
Conversazione per una scelta condivisa e responsabile
Le persone cercano informazioni sulla salute online. Ok, le informazioni non saranno sempre corrette, ma informarsi è un primo passo di responsabilizzazione per la prevenzione e la cura.
Avere di fronte una persona che si interessa alla propria salute non è così male. Avere di fronte: già perché alla ricerca di informazioni online fa sempre da contraltare una relazione concreta, nella realtà dello studio o dell’ospedale.
La fiducia verso il medico è morta? L’ha uccisa internet? Il digital ha portato alla Medicina Difensiva?
Non è una questione di informazioni, se i pazienti sono in cerca di taumaturghi e di soluzioni miracolose. Non è una questione di informazioni, se il medico si aspetta un paziente-passivo e sottomesso.
È una questione di relazione.
Questo è il vero impatto del digital sulla salute: è cambiata la relazione tra i soggetti coinvolti.
Una salute digitale che fa bene alla salute deve prendere coscienza del cambiamento dei ruoli e del modo di vivere la salute e la professione medica. Non credo che il cambiamento debba essere trainato dai pazienti, ma dalle persone.
L’opportunità della salute digitale è quello di aprire un dialogo tra tutti i soggetti coinvolti : pazienti, associazioni, medici di base e specialisti, infermieri, sanità pubblica e anche le aziende.
Tralascio di parlare in questo post di un tema che è stato ben delineato durante il Forum, quello della privacy e della tutela dei dati sanitari. Mi propongo di scrivere un post dedicato nei prossimi giorni